martedì 5 marzo 2013

delle tipologie di selezionatori


Selezionatore Indifferente
china, 1986

L'indifferente


Questi sono tra i primi disegni che ho fatto in azienda. Il tentativo era quello di spiegare ai candidati e ai rispettivi manager incaricati della selezione quali erano i comportamenti corretti da tenere per avere un efficace colloquio di selezione.
All'epoca non avevo ancora la titolarità di condurre i colloqui e quindi mi mettevo ad osservare i comportamenti di coloro dai quali avevo da imparare.

In particolare, mi colpì un manager della manutenzione che, per verificare se i candidati avevano iniziativa o meno, cadeva in uno stato letargico per alcuni minuti, aspettando che il candidato facesse la prima mossa. Erano tempi in cui il capo era il "capo", corredato di segretaria, ufficio chiuso, scrivania con brocca, medagliere ed onorificenze aziendali. Dall'altra parte, i candidati, giovani diplomati appena usciti dal rigore degli studi (era un'epoca in cui per iscriversi all'Istituto tecnico industriale si faceva la coda) e dal  servizio 'militare, avevano interiorizzato il comportamento per cui, di fronte a un superiore, si parla solo se si è interrogati.

I minuti passavano e queste sessioni di "surplace" risultavano interminabili: ad un certo punto, se il candidato non si muoveva, era il manager a cominciare, ma gran parte del giudizio era compromesso.

L'aggressivo




Selezionatore aggressivo
china, 1986
 Un altro tipo di selezionatore con il quale mi sono imbattuto è il selezionatore aggressivo. Per prima cosa si presentava mettendo in luce la sua posizione aziendale e indicandomi come il "direttore del personale" (in realtà ero un semplice impiegato) in modo che il candidato fosse ampiamente consapevole delle "autorità che aveva di fronte". Tra le domande più perverse ricordo quelle tecniche, i rompicapo carta e penna (probabilmente l'unico conosciuto dal capo in questione): "mi unisca questi nove punti con tre righe senza staccare la matita dal foglio...." Oppure:

Mgr.: Come sta ?
Cand.: Bene
Mgr.:Ho visto che ha fatto un test disastroso: come mai ?
(il candidato non poteva più portare come scusa che non stava bene).    

Ci fu un candidato molto brillante, tenne testa in modo maschio all'aggressività del capo, dimostrò è razionalizzò in modo esemplare i suoi pareri e le sue scelte e motivazioni, risolse in un lampo il quiz estemporaneo, raggiunse uno dei migliori punteggi nel test di logica.
"Ecco il candidato che fa per noi!" - disse il capo aggressivo - "spediamogli subito il telegramma di assunzione!"
Il candidato rinunciò all'offerta: non vedeva ragioni per finire a lavorare in un ambiente dove i capi trattavano in questo modo i collaboratori.  

L'amicone


                                     

Il capo amichevole permette senz'altro un incontro simpatico e cordiale....ma occorre fare attenzione: alla cordialità non è detto che corrisponda una reale valutazione positiva del candidato/a. Bisognerebbe sapere distinguere tra il sorriso e il tic nervoso, ma non è sempre facile in queste situazioni. Di sicuro una cordialità eccessiva tende a far travalicare le barriere di una situazione, come il colloquio, a ruoli definiti. Il candidato si fa prendere la mano e spesso le conseguenze non sono positive.

L'impegnato 


Il capo super impegnato è una delle caratteristiche più frequenti:
 nel mio disegno dell'epoca la rete non esisteva ancora e quindi il nostro era alle prese con "solo" due telefoni: figuriamoci oggi!
Il capo che si comporta in questo modo raramente riesce ad ottenere una visione oggettiva delle capacità del candidato e dà scarse possibilità a questi di esprimersi.  



Lo Story-teller

Infine, ecco un'altra tipologia di manager - slezionatore piuttosto frequente: il raccontatore di storie. Al di là di una genuina e salutare volontà di illustrare al candidato l'azienda e il tipo di lavoro, lo story teller, quando esagera, manifesta la sua necessità di esibire sé stesso in quanto non ha più molte opportunità di farlo nel contesto aziendale. Può anche capitare il selezionatore che non sa bene che domande fare e quindi tende a riempire lo spazio. Anche in questo caso, come negli altri, è difficile che abbia una visione oggettiva delle competenze e capacità della persona che ha di fronte. In generale il candidato che sa manifestare un ascolto attivo, rinforzando ogni tanto l'ego del selezionatore con qualche gridolino di approvazione può avere delle ottime chances di passare il colloquio.  

Nota di costume:

Avrete notato che nel 1986  i selezionatori erano tutti maschi, bianchi, eterosessuali, dotati di un ufficio con pareti, privi di tecnologia e, nell'ultimo caso, addirittura un fumatore! Ciò non è dovuto ad alcuna discriminazione da parte mia: anche i capi donna erano inseriti, con pari dignità, nel processo di selezione. Anzi, ricordo una dirigente di Roma che, con sagacia, mi fornì la sua franca opinione sulle tecniche di selezione a suo tempo impiegate: "A Paoloo, ma sta selezzione me sembra tanto 'na questione de culo....."

 


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